Pierluigi Fresia: L’arte è l’alfabeto dell’arte, ha in sé la sua chiave interpretativa

Azzurra Immediato

Le domande che appaiono semplici, molte volte scandiscono la complessità di ciò che sottendono, di quanto, sotto il velo della superficie, sanno, invece, muovere, vibrare. È quel che accade osservando le opere di Pierluigi Fresia, artista piemontese che, a partire dal linguaggio e dal medium fotografico origina una narrazione del reale del tutto peculiare, suddivisa o compresa tra due speculazioni ontologiche: immagine e parola. Un percorso verbo visuale che genera inusitati tragitti immaginifici, in cui evocazione e perturbante bellezza si missano. Commistione che, però, appare talvolta come un rebus intellettuale, mediante il quale l’artista chiede all’osservatore di spingersi oltre quel senso di straniamento percettivo per costruire i passi di una nuova narrazione, di un racconto sempre in fieri che, opera dopo opera, compone una ampia tessitura visiva e concettuale.
Abbiamo incontrato Pierluigi Fresia per L’Occhio di Leone, mentre è protagonista di numerosi progetti, collettivi, editoriali, espositivi e personali, tra cui la grande ‘Antologica’ ad Innsbruck… buona lettura.

Pierluigi, cos’è per te l’Arte?
Questa è una domanda davvero facile, è chiaro che scherzo, credo che le definizioni di arte siano almeno tante quanti sono gli artisti e queste a loro volta saranno diverse dalle definizioni che ne daranno coloro che l’arte la studiano o semplicemente la osservano da appassionati. Per quello che mi riguarda ho sempre inteso l’arte come un metodo comunicativo, un linguaggio che si fa anche alfabeto: l’arte è l’alfabeto dell’arte, racchiude in sé la sua chiave interpretativa e il suo stesso contenuto. Quando ad un’artista viene chiesto “Cosa hai voluto dire con quest’opera?” stiamo sbagliando vocabolario, lingua e sia ben chiaro non è la mia una visione elitaria; spesso sono le menti “semplici” prive di sovrastrutture ermeneutiche condizionanti, che giungono davvero al cuore del senso.

Multimedialità ed eclettismo sono, in sintesi, due termini riconducibili alla tua indagine, di matrice concettuale. Pittura, fotografia e video sono i linguaggi che impieghi per raccontare, anche attraverso l’inclusione della parola, la visione del mondo cui conferire una delineazione molto peculiare. Qual è il processo maieutico che accompagna le tue opere?
La maieutica è un percorso che mira al riconoscimento e al raggiungimento della verità o almeno di una conoscenza superiore del reale apparente, il mio è un percorso che parte dalla consapevolezza della transitorietà del senso. La verità ci sfiora, ci lascia sentire il suo profumo e poi sparisce con il suo frusciare misterioso nella macchia più fitta del TUTTO, è quindi su questo crinale sottile, infido, tagliente che si poggia il mio lavorare; i media che ho usato lungo la mia carriera creativa sono stati diversi, con ognuno di essi ho sempre, volutamente, instaurato un rapporto conflittuale e credo che il conflitto sia un elemento fondamentale affinché che l’utilizzo di una tecnica non si faccia sporcare dalla maniera, qualsiasi tecnica cerca di imbonire l’utilizzatore ci si deve ribellare, lo stesso vale per la parola che esiste nonostante e oltre noi, le usiamo inconsapevoli di quanto siano solo rimandi e mutazioni di termini, lingue e concetti antichi, ora perduti, crediamo di poter controllare l’uso che ne facciamo ma il nostro atto è solo quello di illuminare con la luce del presente (nostro) un istante della loro esistenza.

È trascorso più di un anno da quando il Covid19 ha trasformato le nostre vite, rimodulando precedenti certezze e modalità di lavoro. Secondo te, gli artisti cosa debbono aspettarsi dai mediatori culturali, da galleristi, critici, curatori e giornalisti, quando qualcosa sarà cambiato e cosa ti saresti aspettato, invece, in questo lungo periodo sospeso ed incerto? Nel tuo prossimo futuro, che progetti ci sono?
Dopo un anno di Covid penso che l’unico soggetto coinvolto che ha dimostrato una totale impreparazione e incapacità è stato il mondo politico, la cultura è totalmente assente dai programmi o perlomeno lo è stata troppo a lungo, gli artisti sono da sempre l’anello più debole dell’intera catena e non parlo solo delle arti visive che meglio conosco, spesso l’artista non ha nemmeno la partita IVA, e sopravvive tra mille difficoltà, questo suo essere nell’ombra lo esclude a priori da ogni sostegno, è praticamente un fantasma. La fine di questa crisi dovrebbe fare ripensare e far rifondare l’intero sistema dei lavoratori della cultura. La cultura è da sempre alla radice della civiltà, dei popoli poco rimane oltre alla bellezza e alla sapienza che sono riusciti a far giungere fino a noi. Se viene tolta la possibilità di creare all’artista si minano le fondamenta del futuro stesso. L’arte soffre e soffrirà ma non potrà mai morire, di questo possiamo stare certi, è parte dell’uomo, della sua vita, qualsiasi umiliazione e ferita venga ad essa inflitta è come il battito del cuore, inizia e finisce con la nostra esistenza.
Parlando di me e del mio futuro prossimo (?) dopo quasi 12 mesi di slittamenti, è finalmente aperta al pubblico una mia grande mostra antologica in Austria, a cura di Clelia Belgrado; poi, cospargendo la frase di scaramanzia, è ora in corso una bella mostra ad Aosta, alla quale sono stato invitato, curata da Walter Guadagnini e Elio Grazioli; segue una personale alla Galleria dell’Incisione di Brescia dove presento solo lavori inediti prodotti nell’ultimo anno, ed è stata pubblicata anche “Ghost Book” curata da Giorgio Racca e Riccardo Costantini, edizione con interventi di molti artisti tra i quali me, cui seguirà una mostra con tutti gli artisti invitati.In questo tourbillon di progetti e nuove possibilità espositive, v’è una frase scritta da Fresia che mi colpisce e vorrei riportare all’attenzione dei lettori: “La verità ci sfiora, ci lascia sentire il suo profumo e poi sparisce con il suo frusciare misterioso nella macchia più fitta del TUTTO”. In questo sparire, in quel tutto, in tal misterico fruscìo si svela la forza dell’arte così come l’apporto dell’artista. È in tal maniera che, attraverso l’intersecazione di immagine e parola, Pierluigi Fresia indica una modalità che afferisce all’intelligenza emotiva e dalla quale prender avvio per ripensare il qui e ora, da cui tracciare un nuovo segno, un nuovo modello che, grazie a quanto narrato dall’arte, interviene nel processo esistenziale, costruendo e svelando inattese prospettive.

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